Tra tecnica e racconto: traina al serra

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  1. Bruno21
     
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    CAP.4
    Quando raggiunsi il punto di partenza previsto, Vallero aveva già fissato gli affondatori sui supporti dello specchio di poppa, aveva agganciato i piombi a disco e aveva posizionato le canne armandole con i terminali in cavetto di acciaio da 20 lb a due ami: il trainante scorrevole ed il pescante fisso.
    Spensi i motori ed aiutai Vallero a mettere in acqua il f.bordo, innestai la prolunga e tirai la maniglia della messa in moto, il motore partì immediatamente al primo colpo.
    Gli affidai i comandi dicendogli di puntare dritto sulla luminella, un minuto dopo eravamo in rotta ed alla giusta velocità che controllai sul GPS: un nodo.

    Prelevai dalla vasca la prima aguglia e la innescai, era la prima volta che eseguivo questa operazione da solo, senza nessuna supervisione degli esperti, per un attimo, nell'innescarla, ebbi il timore di averla uccisa, la misi in acqua e la osservai, ma l'aguglia nuotava tranquillamente incurante degli ami: uno alla base del becco e l'altro in prossimità del foro anale, mi congratulai con me stesso.

    Purtroppo a quei tempi non conoscevo la tecnica del piombo guardiano, per cui gioco-forza ero ricorso agli affondatori e al piombo per portare le esche alla profondità voluta.
    Feci scendere il piombo sotto il pelo dell'acqua e poi sistemai sul suo cavo di acciaio, l'apposita pinzetta a sgancio di Stonfo.
    La funzione di questa pinza è quella di liberare la lenza nella fase d'attacco del pesce, per ottenere questo, il nylon viene racchiuso tra due guancette in gomma la cui pressione per lo sgancio si può regolare mediante una rotellina numerata.
    Al momento dell'abboccata, se ben regolata la pressione, il nylon dovrebbe liberarsi dalla pinzetta, se non accadesse in questa fase, sicuramente si libererà al momento della ferrata.
    Il fondo era di circa 10 metri, per cui decisi che avrei pescato con una canna alla profondità di otto e l'altra di cinque.
    Innescai la seconda aguglia e calai anche l'altra canna, poi mi sedetti sul cofano-seduta di un motore da dove potevo controllare agevolmente le due canne in pesca.

    continua

    CAP 5
    Le canne erano inserite nei rispettivi portacanna degli affondatori.
    Percorremmo un mezzo miglio e ad un tratto mi parve di vedere una leggera flessione del cimino sulla canna a cinque metri.
    Non ne ero sicurissimo, ma anche Vallero mi confermò che l'aveva vista anche lui, presi la canna e per liberarla dalla pinzetta ferrai a vuoto, e poi recuperai la lenza.
    Quando apparve l'aguglia li per li non capii cosa fosse successo, c'era la testa da una parte e la coda dall'altra e mancava tutta la parte centrale.
    Non riuscivo a capacitarmi di come fosse possibile che i serra conoscessero queste malizie, si da vedere i due ami e mangiarmi la parte dell'aguglia dove non c'erano insidie.
    Rinnescai e ricalai, ma per tranquillità volli sincerarmi anche dello stato dell'altra esca.
    Rifeci lo stesso con la canna ad otto metri e tirai su l'aguglia divisa in due come l'altra.
    Avevo già l'aguglia in mano per rinnescarla, ma la canna a cinque metri partì decisa, la presi in mano e ferrai, ma il serra si era già agganciato per conto proprio.
    Non avevo mai preso un serra in vita mia e rimasi sorpreso della forza e delle evoluzioni che il pesce faceva per liberarsi dal mio amo.
    Cercavo di assecondare ogni suo capriccio, volevo quel pesce a tutti i costi, non era grandissimo, lo avevo visto, ma lo volevo in tutti i modi.
    Le canne da dodici libbre ed i piccoli mulinelli resero ancor più divertente il recupero, trascorsero una decina di minuti prima che si arrendesse e venisse docile verso il guadino che Vallero manovrava con maestria.
    Un sollevamento rapido portò il serra a pagliolo.
    Sapevo bene dei terribili denti a rasoio dei quali il pesce era dotato, così, dopo averne ammirato la sua livrea argentea, lo riposi nel contenitore frigo con il terminale in bocca, lo avrei tolto in seguito.
    Rimisi in pesca l'altra canna già pronta e legai un nuovo terminale a quella che aveva catturato.
    Non feci a tempo a terminare l'operazione di calata che vidi nuovamente il cimino della canna a otto metri piegarsi e poi raddrizzarsi, ormai avevo capito cosa mi aspettava per cui con calma finii di innescare la canna che avevo in mano e la rimisi in pesca.
    Recuperai l'altra lenza e trovai, come mi aspettavo, l'aguglia divisa in due.
    Innescai nuovamente e la calai.
    Facemmo un altro mezzo miglio, quando questa canna partì.
    La presi e ferrai, ma con la coda dell'occhio vidi che anche l'altra canna era piegata, non ebbi il tempo di avvertire Vallero che lui l'aveva già in mano e aveva ferrato, ci guardammo e cominciammo a ridere: e ora? Che facciamo?
    Dai proviamo a prenderli tutti e due, dissi a Vallero, il tuo che sembra più grosso è meglio recuperarlo per primo, io cedo un po' di lenza e lo faccio allontanare questo di una cinquantina di metri cercando di tenere sollevata la lenza, tu recupera prima possibile e speriamo bene.
    L'operazione ebbe successo, per due o tre volte pensai: ecco ora si imbrogliano i fili e li perdiamo tutti e due, chi troppo vuole... ma non successe, il motorino con il timone bloccato da Vallero andava dritto e davanti a noi era tutto libero.
    Il primo serra arrivò sottobordo, io rimisi la canna nel portacanne e lo guadinai, poi toccò al mio e Vallero fece lo stesso.
    Ci congratulammo per la duplice cattura, e neppure dieci minuti dopo le canne ritornarono in pesca.
    Mancava un miglio alla luminella quando si verificò un altro doppio attacco, però un serra con un'acrobazia riuscì a liberarsi, mentre l'altro, quello di Vallero finì a fare compagnia agli altri tre nel frigo.
    Eravamo soddisfatti, ma, ormai, volevamo arrivare fino alla Luminella.

    Girammo intorno a questa ad una distanza di un centinaio di metri e ne prendemmo altri due, uno grosso ed uno piccolo che era rimasto allamato ad un labbro, lo liberammo.

    Era quasi mezzogiorno ed eravamo appagati e soddisfatti, smontammo tutto e tornammo verso il porto.

    Il sabato successivo rieravamo in pesca, però questa volta i terminali erano a tre ami, non ho più trovato un'aguglia mangiata senza che il cliente non avesse pagato pegno.

    FINE
     
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5 replies since 23/1/2014, 17:13   102 views
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